domenica 28 luglio 2013

J.S.Bach (parte prima)

…cari lettori, sospinto dal dolore di Euterpe disorientata per l’eterno viaggio, intrapreso da un genio della musica, sull’ineludibile barca di Caronte il 28 luglio del 1750, mi accingo con profondo sentimento a rendere omaggio al grande J.S.Bach

 Ritratto di E.G.Hausmann
(Lipsia museo storico della città)

Mozart: ….... ”Bach, un giorno per leggerti, una vita    per ascoltarti”…

Beethoven: …”Bach, non un ruscello, ma un mare”…

Liszt: …........ ”Bach, senza di te, non più una nota”…

Chopin:…..... ”Bach, una fuga per infiniti preludi”…

…liberamente tratte dalle memorie dei grandi della musica classica…





…scrivere di J.S.Bach, come uomo di tutti i giorni e come genio della musica, sarebbe per me un’impresa titanica. Pertanto mi limiterò a menzionare i passi più salienti della sua vita ...

la carriera professionale di Bach ha inizio nel segno di una delusione, o peggio: al primo contatto con il mondo del lavoro egli provò la bruciante sensazione di essere stato vittima di una prevaricazione che, ancora molti anni dopo, non aveva dimenticato. Era l’aprile del 1702, aveva diciassette anni e si era appena diplomato alla Scuola di S. Michele di Lüneburg e venne a conoscenza che c’era una possibilità di lavoro a Sangerhausen, essendo vacante il ruolo di primo pianista municipale di San Giacobbe, la chiesa più grande di quella città. Raggiunto il luogo, diede la prova di sé nel corso di una pubblica edizione, e di conseguenza il consiglio municipale espresse parere favorevole alla sua assunzione, malgrado la giovanissima età, ma accadde qualcosa, che lo stesso Bach ricorderà nel 1736, trentaquattro anni dopo, scrivendo ad un amico:”…nonostante la mia pochezza avesse ottenuto, sotto l’amministrazione del defunto borgomastro Vollrath, l’unanimità dei voti…non ebbi la fortuna di uscirne vincitore…poiché in quella occasione un altro candidato vi fu iumposto dalla più alta autorità*”.
Una storia esemplare: la storia di un giovanissimo organista che punta molto in alto, e tuttavia si scontra - e non sarà l’ultima volta – con l’autorità costituita, dalla quale comunque non può prescindere.
*Per la storia, l’autorità di Sangerhausen, si chiamava Johann Georg di Sassonia-Weissenfels, duca di quella piccola città.
(Dal saggio biografico di Eduardo Rescigno)

 Johann Sebastian Bach, nasce in Turingia ad Eisenach il 31 marzo 1685, da Johann Ambrosius e da Elisabeth Lämmerhirt e muore a Lipsia il 28 luglio 1750; ultimo di otto figli di una famiglia di cinque generazioni di musicisti in cui eccelle come unico genio; frequenta nella città natale la scuola di latino (1693-95), ma è costretto da circostanze familiari (nel 1694 perde la madre e l’anno successivo il padre che si è appena risposato) a recarsi a Ohrdruf dove risiede il fratello maggiore Johann Cristoph (1671-1721), organista dal 1690 nella chiesa dello stesso paese, allievo di Johann Pachelbel, continua l’educazione musicale del fratello minore che nel frattempo riesce a completare il ciclo regolare di studi alla scuola di latino.
Il 15 marzo 1700 al compiersi del quindicesimo anno di età, Johann Sebastian si trova svincolato dalla Komfirmation luterana che sancisce la fine dell'adolescenza e l'inizio di un possibile autosostentamento, percorso che il ragazzo ha già programmato con l'approccio a un apprendistato artigianale che non si realizzerà, per la provvidenziale figura del Cantor e maestro di musica Elias Herda che alla scuola di latino sostituisce un certo Johann Heinrich Arnold, espulso dal rettore per forte estremismo verbale: più che un violento o criminale, è definito un povero malato di mente. Herda  ascoltando il giovane Sebastian in una recita canora apprezza la sua bellissima voce di soprano e gli consiglia con veemenza di recarsi presso il Lyceum del convento di S. Michele in Lüneburg, dove avrebbe potuto terminare gli studi scolastici senza pagare la retta grazie a una borsa di studio e perfezionarsi nella musica, percependo anche un piccolo compenso in talleri per le sue prestazioni canore; si affranca così dalla famiglia raggiungendo Lüneburg all’estremo nord della Germania  anche se il fratello maggiore Johann Cristhoph ha i mezzi per tenerlo presso di sé, ma il giovane Sebastian ha ormai altri obiettivi. Accolto nella scuola, si trova ben presto a far parte del coro e può avvicinare Georg Böhm, originario della Turingia pure lui, che tanta parte avrà nello sviluppo dell’arte organistica del grande Bach.
In questo periodo, J. Sebastian plasma il proprio temperamento di musicista e completa la sua preparazione professionale anche grazie alla ricchissima biblioteca della scuola; frequenti viaggi nella vicina Amburgo gli consentono di conoscere l’arte del celebre e ormai vecchio organista J.A. Reinken, ma soprattutto ha modo di frequentare la Corte di Celle, residenza dei duchi di Braunschweig-Lüneburg, francofila anche in musica e di conoscere quindi le opere dei massimi compositori francesi di quel tempo.
Nella primavera del 1703 il diciottenne maestro ottiene il primo impiego importante come violinista alla corte di Weimar che gli permette di far ritorno nella regione nativa dove può sviluppare il proprio talento e il proprio bagaglio tecnico, frutto di uno studio condotto quasi senza maestri e senza guida, con il solo aiuto di una tradizione familiare mai spenta e con il soccorso di una straordinaria facoltà intellettuale che lo aveva indotto a esplorare sistematicamente la musica del XVI e XVII secolo.
A Weimar Sebastian si trattiene pochi mesi, desideroso di sfruttare meglio la sua vocazione, il giovane musicista ottiene nell’agosto del 1703 il posto nella Chiesa nuova di Arnstadt, per collaudare il nuovo l'organo giunto dopo due anni dalla commissione. Qui rimane sino al giugno 1707, dove compone l'universale 'Toccata e Fuga' in re minor BWV 565; durante questi anni di servizio, J. Sebastian lotta non poco, ma inutilmente, per l’affermazione della personalità e più volte viene in urto con le autorità cittadine.
Nell’ottobre 1705, richiede un permesso di quattro settimane per recarsi nella lontana Lubecca ad ascoltare il più grande organista di quei tempi, Dietrich Buxtehude, ma in realtà vi si trattiene quattro mesi. Il fatto provoca la reazione del concistoro cittadino già insoddisfatto delle innovazioni introdotte nella musica organistica; la situazione trova rimedio nel nuovo incarico  che gli viene offerto dalla cittadina di Mühlhausen, presso la chiesa di San Biagio.
Qui Bach si trattiene dal giugno 1707 al giugno 1708; il breve periodo è caratterizzato da due importanti avvenimenti: il matrimonio con la cugina Maria Barbara (1684-1720) che partorisce sette figli e la composizione delle prime cantate, tra le quali una è forse il famoso Actus Tragicus (nr 106 dell’indice delle opere di Bach: Bach-Werke-Verzneichins, BWV) e due sono quelle che Bach riesce a veder pubblicate (di queste soltanto una ci è pervenuta: Gott ist meine König- Dio è il mio re, BWV 71).
Ragioni economiche e soprattutto le limitazioni della sua libertà di azione inducono presto il compositore a cercare un nuovo impiego. L’occasione scaturisce dalla Corte di Weimar alla quale il maestro ritorna dopo cinque anni, ma non più in veste di violinista, bensì come organista di corte e musicista da camera. Il periodo di Weimar (1708-1717) rappresenta il primo dei tre grandi momenti creativi del genio bachiano, protetto dal principe Johann Ernst, buon compositore e unito da grande amicizia col cugino Johann Gottfried Walther, Bach ha la possibilità di dedicarsi con slancio e piena libertà d’azione a composizioni musicali che rispondono ai suoi ideali: coltiva in maniera particolare l’organo, scrive una trentina di cantate e studia a fondo i maestri italiani, Vivaldi in prima istanza, di cui trascrive dieci concerti, Albinoni, Corelli, Legrenzi, non trascurando quelli di più antica data come Frescobaldi del quale copiò di proprio pugno, nel 1714, la raccolta dei 'Fiori Musicali'. Tuttavia, nonostante il prestigio acquisito e pur ricevendo uno stipendio superiore, non riesce ad affermarsi come Kappelmaeister (maestro di cappella) che tanto desidera. Neppure alla morte dell’allora titolare J.S.Drese. Ebbe invece il titolo di Konzermeister (maestro di cappella) nel 1714. In seguito urtandosi col duca Wilhem Ernst, Bach chiese più volte di essere esonerato dall’incarico e presenta infine le proprie dimissioni: per tutta risposta viene incarcerato, per quasi un mese, e quindi licenziato bruscamente il 2 dicembre.
Pochi giorni dopo, il musicista si trasferisce alla corte di Köthen, presso la quale si trattiene sino al 1723...

…cari lettori, qui fermo lo scritto perché la vita di un genio, come quella di Johann Sebastian Bach, per essere ben documentata, necessita di una lunga lettura. Pertanto, per non tediarvi oltre, la recensione sul genio che ha tracciato la strada maestra, permettendo così lo svolgersi della musica classica come oggi la conosciamo, sarà ripresa in un altro post…
J. S. Bach fu compositore, violinista, organista, collaudatore d’organi musicali, insegnante e direttore d’orchestra.

J.S.B. Toccata e fuga in re minore, registrata con l'organo della Basilica di Ottobeuren (Baviera)

Mani possenti le tue Sebastian
Come il cuore tuo e l’ingegno
Che toccato hanno il cielo
E fugato le pietre più sacre

Di chiese in parrocchie
Di duomi in cattedrali
Han tremato aria e mura

Al suono d’un re sostenuto
Minore soltanto per nota
E non per regale figura

Suoni dolci suoni gravi
Da alte canne liberati
Per salire al trono d’un Re

Per scendere a udito mortale
Che tacito e chino
E ancora e per sempre
Templare t’ascolta in silenzio




Facciata  e interno della Cattedrale di 
Ottobeuren in Baviera
dove si sono cimentati i maggiori organisti 
della storia musicale.

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giovedì 4 luglio 2013

Estate



Sogno di mezza estate

…amore mio, in questa stagione la dea Cerere elargisce i suoi frutti migliori, quando Tempo mi rammenta che la vita è circoscritta di attimi, taluni fatti di ordinaria consuetudine, altri di rara, straordinaria intensità emotiva pulsante di vita: come un appuntamento vissuto d’attesa, un incontro sognato col cuore sospeso, di libellula eleganti volteggi rivolti verso un placido mare circondato di  variegata natura, come le tue slanciate caviglie scolpite per esaltare ogni passo di danza, per lasciare un indelebile segno su terra inconosciuta; una vita nel sogno, dove l’istante diviene impagabile istante, in cui l'astrazione pensata prende forma e i pensieri divengono parola: poche ma infinite sillabe sposate in vivo sentimento che ha soltanto l’aspirazione di esprimersi nella sua forma più intima e vera, non un blaterare senza senso, cui grande è il desiderio di espressione come fossero mille e mille desideri d' una sospinta ricerca di sé nell'altro, di noi in noi, che timidamente e quasi inconsapevolmente si traduce in uno soltanto; amore, incontrarti in un abbraccio è stata la magia di mezza estate: un sogno di poche ore trascorse con te, dove la grazia di una fiaba e fors’anche la forza di una meravigliosa parabola, racchiuse in un magico caleidoscopio dalle infinite sfumature, hanno per noi colorato l’aria e il cielo. Nei quieti mari di casa nostra le onde s’agitano libere, trasportate dal vento s’incrociano lente in crespi di tinte chiare e rispecchiano la monotonia di assolate spiagge. Stupore e sofferenza, nutrimento per l'anima; oggi siamo senz'altro più ricchi di ieri, perché vivi e consapevolmente padroni della più magica delle interiorità, propria di rarissime leggiadre menti e della bellezza che le contraddistingue.
In questo breve sogno, soltanto un bacio amore mio, donatomi con la genuinità e l’innocenza di una fanciulla che sussurra diverse parole feconde d'inaspettata enfasi e di profonda sostanza, inconsapevole che la vita può offrire emozioni e gioie incantevoli. Ripenso col sogno le parole, abbracciato di fronte alle timide onde del mare, ripercorrendo punti, virgole, pause, sospiri, tocchi, carezze, baci sui capelli e soffi di velluto sulle labbra, e percepisco un incanto dove perdersi è un attimo e ritrovarsi un’eternità: “Dov'eri amore mio tutte le volte che con l'arroganza dei miei anni andavo confondendo l'amore con l'amante?” Ora che esisti come potrei spezzare quelle ali argentate colme di delicata grazia, e come non desiderare di volare alto con nuove e fiere ali dispiegate al vento della passione? Quanta opera d’arte in noi! Ma quando meglio ci penso, dico che la vera opera d'arte sei tu, mia dolce fanciulla; una scultura, un dipinto, un ritratto, una prosa, una poesia, altro non sono che l'evanescenza di un’anima alla quale i miei sentimenti sono rivolti: la tua, amore mio; di fronte ad un'opera d'arte posso contemplare la sua profondità, il senso nascosto del suo significato, ricercando l'interiorità che cela; il capolavoro che stordisce l'arte, trasognato d'un'emozione che scaturisce dalla sensibilità di un animo espressivo, mentre la sua fattura pur essendo d'impeccabile effetto, fa soltanto da cornice; amore mio, dipingere tutto ciò che rappresenti è semplicemente irreale; la vera bellezza è irraggiungibile, così pensare di rapirti anche soltanto un profondo bacio d’amore, per me è scoprire il bacio dell’eternità.
Candida principessa, innocente fanciulla, come non cogliere significato migliore a descrizione di un evento così tanto intriso di meravigliosa unicità, luogo, contesto, senso del tutto, una sublime allegoria di quella perfezione di cui dolcemente un abbraccio parla confuso in mille tonalità di azzurro, dove raggi di sole partecipi illuminano i nostri occhi già illuminati di Amore; io e te, due, perché queste sono le anime armoniosamente perfette per il loro risplendere di luce propria; un io e te che urla nella silente e quieta atmosfera di figure che vanno, vengono e passano come ombre colorate e sonore; io e te, un solo suono di linee curve, dove il susseguirsi d’infiniti punti, traccia il ciclico senso del nascere, del vivere e del finire, per sublimare nel divenire dell’attimo, lo stesso che palpita in noi, lo stesso che presente è qui, vivo e reale, fra i respiri di un’azzurra natura e, oggi come oggi, l'aria che io tremante di delirio ora respiro, domani avrà tutto un altro profumo nel cuore…

…entrare fra le tue labbra
breve come un brivido caldo
e poi lasciarti nell’acqua…

 
 
…mi sto rinchiudendo
nel beccheggio del mare
come un riccio vissuto
fra i tuoi riccioli notturni… 

 
…la barca si è infranta
fra i marosi del tuo scoglio
più non entrerò
nel porto della tua orchidea…




ancora tu e l’estate
su questa spiaggia
mentre cala il sole
e s’oscura il mare

ancora tu
che del vento ascolti
il salire su per l’aria
quando di lontano
d’altro si spengono i rumori
allorché di broccato nero
si veste tutto il cielo

e allorché di pallida tinta
viandante si copre in velo
l’eterno volto della luna
tu torni qui a ricordare

taci e ascolti
muto parli al mondo
e alla tiepida sabbia
con occhi smarriti e fissi
cucciolo ti rivolgi
orfano del seno della madre

affamato chiedi dell’amore
che solo in sogno hai sfiorato
e incerto scrivi con un dito
una parola sulla rena
che negletta affoga
onda nell’acqua

e muoiono i colori della sera
del cuore ultimo orizzonte
vorresti imprigionarli tutti
nella sbiadita tavolozza
che sempre t’accompagna

per dipingere un volto
alba d’un nuovo giorno
per affrescare un nome
pareti d’un celeste castello
per rivedere un sorriso
accendere il buio del buio

per ritrovare il bacio
che ancora vive
per morire nelle tue labbra
per colorare un barlume di senso
a questi grigi sospiri
quando una lacrima scende
quando scende la notte

                                                ©Sergio Dellestelle

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