domenica 18 maggio 2014

Ciajkovskij .P.I & Nadieshda Filaretovna von Meck (parte terza)

Pyotr Ilyich Ciajkovskij 
 Nadieshda Filaretovna von Meck

L’epistolario
(quando la lettera scritta sostituisce il suono della parola e unisce due anime)

 La “Quarta Sinfonia
Quando un’affinità apre l’anima e il cuore


“Caro , adorato amico!
Le scrivo in uno stato di eccitazione frenetica che si è impadronita di me in modo tale da compromettere addirittura la mia salute; eppure non vorrei, per nulla al mondo, rinunciare a questa meravigliosa ebbrezza. Vedrà subito qual è la ragione. Ho ricevuto due giorni orsono la riduzione per pianoforte a quattro mani della nostra sinfonia ed ecco quello che mi ha messa in questo stato di esaltante rapimento: quello che, senza tregua, mi procura fremiti di passione. Suono e suono continuamente la sua musica senza mai essere stanca. Quei divini accordi hanno penetrato tutto il mio essere eccitando i miei nervi, mettendo la mia mente in un stato di febbrile eccitazione. Sono due notti, ormai, che non riesco a prendere sonno e, quando la mattina mi alzo, non ho che un unico pensiero: sedermi il più presto possibile al pianoforte e suonare ancora la sua musica. Mio Dio, da vero grande maestro, lei è riuscito, in quelle pagine ad esprimere disperazione e speranza, dolore e sofferenza, tutto quanto insomma io ho provato, sì spesso in vita mia! Ciò che mi rende cara e preziosa la sua musica non è solo il suo valore in quanto opera d’arte, ma altresì la sua capacità di esprimere la mia vita e miei sentimenti. È giusto che questa Sinfonia appartenga a me: nessuno può riconoscere come me quello che vale. I musicisti giudicherebbero questa partitura al lume della ragione; io invece l’ascolto e la sento abbandonandomi con tutta me stessa. Se fossi destinato che io morissi per ascoltare questa musica, ebbene morirei, ma non cesserei di ascoltare.
Come mi dispiace, mio caro, mio adorato, che si sia trovato così male a Pietroburgo; ma, mi perdoni amico senza pari, mi sono anche rallegrata che lei provasse tanta nostalgia per Simaki. Dato che non esistono fra noi contatti personali, non so se ella può comprendere i sentimenti di gelosia che io provo nei suoi riguardi. Sappia che sono oltremodo geloso di lei, gelosa come una moglie può esserlo del marito che ama. Sappia che quando lei si sposò, io fui così infelice che il mio cuore stette per scoppiare dal dolore.
Il pensiero che quella donna fosse così vicino a lei mi riusciva amaro, penoso intollerabile. Ma ora ascolti fino a che punto arrivi la mia cattiveria: provai una gioia da non dirsi quando seppi che, vivendo con quella persona, lei si sentiva infelice, D’altra parte, credo di essere riuscita a nascondere codesti sentimenti, dei quali oggi provo vergogna. Ma allora, vincerli mi fu impossibile. Noi, esseri umani, non siamo neppur padroni delle nostre passioni. Odiavo quella donna perché la rendeva infelice; però, l’avrei odiata mille volte di più se, con lei, lei fosse stato felice. Mi sembrava che mi avesse derubata di quanto mi apparteneva, che mi avesse defraudata di un mio diritto. Io infatti l’amo, Peter, l’amo come nessuno può amarla. Lei mi è più caro di chiunque altro sulla terra.
Se questa confessione dovesse riuscirle importuna, mi perdoni l’involontaria rivelazione. Mi sono tradita: è colpa della Sinfonia. Tuttavia credo sia meglio lei sappia che non sono affatto l’essere perfetto che immagina, anche se le assicuro che tutto questo non potrà in alcun modo mutare i nostri rapporti. Non desidero nessun cambiamento, vorrei però avere la certezza che nulla cambierà fra noi fino alla morte, che nessuno…Ma io non ho il diritto di parlarle così. Mi perdoni e dimentichi tutto quel che ho detto; ho una tal confusione in testa…Oggi il tempo è bello, voglio quindi andar fuori e respirare aria fresca…
Arrivederci, mio caro, dimentichi questa lettera, ma non dimentichi

la sua N.v Meck che l’ama con tutto il cuore.”

Questa lettera viene scritta da Nadjeshda nei primi giorni di settembre del 1879, dalla residenza estiva di Brailov, mentre Peter da eterno viandante e posseduto da eterna inquietudine ha appena intrapreso un lungo viaggio fino alla tenuta di Grankino, situata nell’Ucraina orientale, allo scopo di incontrare il fratello Modest, là residente in qualità di precettore.
Leggere l'epistola sopra riportata, non può non intenerire e commuovere qualsiasi cuore che abbia vissuto sentimenti d’amore non totalmente condivisi. Nadjeshda, è ancora una donna giovane e affascinante, e per la prima volta nella sua vita conosce l’amore in tutta la sua potenza, e per quanto ami la musica in maniera passionale che fa da sensibile legante verso colui che adora musicalmente, non si rende conto di quanto quella potenza l’abbia coinvolta fino a rompere quegli schemi che lei stessa aveva posto alla relazione con l'adorato amico Peter, tanto da indurla con disperante gioia a scrivere questa epistola, quale confessione d’amore a cuore aperto: parole che annullano la volontà razionale per far luogo al solo linguaggio possibile di un amore straripante e, inconsapevole che mai avrebbe ricevuto quella sperata e tanto attesa risposta di accettazione. Soltanto quindici mesi prima ella aveva presenziato a Mosca alla prima della Quarta Sinfonia, a lei dedicata, ‘la nostra’ così la chiamavano i due protagonisti scelti da Fato e da un cinico disegno di Amore, la stessa che riportava sul frontespizio della partitura: “Dedicata al mio miglior amico". Dedica voluta dalla baronessa von Meck, restia a qualsiasi apparizione pubblica e fortemente gelosa dei suoi sentimenti intimi; soltanto da pochi giorni era venuta in possesso della riduzione per pianoforte a quattro mani che suonava per ore e ore ogni giorno, senza esserne mai sazia. Musica, cuore e amore, tre fattori complici che conducono Nadjeshda a uno stato di rapimento fisico-interiore da cui sgorgano dalla sua penna, senza più alcun ritegno, vibranti parole d’amore, una confessione del suo cuore traboccante di passione.
A questa tenera e velata implorazione d’amore, alcuni giorno dopo Nadjieshda ne fa seguire un'altra: 
“Continuo a lasciarmi inebriare dalla sua musica come dall’oppio e cerco di giustificarmi di fronte a me stessa col pretesto che stiamo per partire e che per lungo tempo non avrò più occasione di suonare il pianoforte. Sono tutta compenetrata dalla Quarta Sinfonia: la coda e i suoi temi mi fanno uscir di senno; anche di notte ne sento gli accordi e sono arrivata a tal punto di non poter nemmeno guardare il libro senza provare una forte emozione. Tutta la sinfonia è meravigliosa, ma quel primo “tempo” poi…Non c’è niente di più sublime in musica e io sono sicura che, al di fuori di questa, non c’è altra via. Questo è il culmine del creato, è il coronamento del raggiungibile, è la scintilla della divinità deposta in lei. Sarei disposta a dare in cambio la mia anima, a perder la ragione, senza provarne rimpianto…
Mi dispiace staccarmi da Brailov, ma adesso ho ben altra spinta! Tutti i miei pensieri, le mie speranze, le mie aspirazioni sono rivolte a Napoli, là dove il mio cuore appagato, palpiterà con nuovo ardore e il sole risorgerà per illuminarmi, per riscaldarmi coi suoi raggi. Oh, soltanto quella che muove dal cuore è vita autentica e originale!”

Da Grankino, Peter risponde il 25 settembre:

“Trovai qui le sue lettere e non riesco a esprimerle tutta la gioia provata quando riconobbi la sua scrittura e poi quando, leggendo la lettera, mi resi conto di quale intima unione esista fra noi due.
Che la nostra Sinfonia sia apparsa finalmente stampata, l’ho appreso soltanto da lei. Avevo il presentimento che questa musica le sarebbe piaciuta; non poteva essere altrimenti. Mentre la scrivevo non pensavo che a lei. Non eravamo ancora così uniti come ora, ma già in quel tempo sentivo, anche se indistintamente, che non c’è anima al mondo che possa come lei comprendere tutti i più riposti, i più profondi moti del mio cuore. Mai la dedica di una composizione ha avuto significato più profondo, giacché in questa musica si manifesta non solo il mio io, ma anche il suo. Questa è veramente non la mia, ma la nostra sinfonia. Lei sola è in grado di comprendere e di sentire ciò che io ho provato e vissuto mentre scrivevo quelle note. Per tal ragione, questa rimarrà sempre la mia opera prediletta, documento di quel tempo in cui, dopo una lunga malattia dello spirito, dopo atroci sofferenze, spinto fin sull’orlo dell’abisso e della disperazione, improvvisamente l’aurora della resurrezione e della felicità riprese a illuminare il mio orizzonte. Quell’aurora è la figura di colei cui la Sinfonia è dedicata. Rabbrividisco al pensiero di quello che sarebbe stato di me se il destino non mi avesse fatto incontrare con lei. Tutto io devo a lei: la vita, la possibilità di realizzare il mio ideale, la libertà e quella pienezza di felicità che prima d’allora avevo ritenuta impossibile. Ho letto le sue lettere con una gratitudine infinita e un amore per il quale non si possono trovar parole. Lo posso esprime soltanto con la musica. La nostra Sinfonia ha un programma: esiste cioè la possibilità di tradurre in parole il contenuto, e a lei, a lei sola, io voglio spiegare il significato di tutta l’opera e dei singoli tempi.
L’introduzione è il nocciolo di tutta la sinfonia; l’idea principale è il fato, nefasta potenza che si oppone alla conquista della nostra felicità e che malignamente si adopera perché il benessere e la pace non siano mai completi, mai privi di nubi; quella potenza che pende, come la spada di Damocle, sopra le nostre teste e amareggia senza tregua le anime nostre. Una potenza invincibile…Abbattimento e disperazione diventano sempre più forti, ma ci si abbandona ai sogni e questi a poco a poco si impadroniscono della nostra anima. Si dimentica tutto quanto è fosco, negato alla gioia. Ecco la felicità! In tal maniera, tutta la nostra vita è un’alternativa continua di dure realtà e di sogni fuggevoli.
Il secondo tempo esprime un grado diverso di malinconia che ci assale la sera, quando stanchi per una dura giornata di lavoro e soli, ci si siede, alla fine, con un libro in mano, ed ecco che il libro ci sfugge, mentre un’ondata di ricordi si riversa sopra di noi. Com’è dolce, allora, ripensare alla giovinezza, ai giorni in cui il sangue ci pulsava nella vene, caldo, gagliardo, e la vita non ci dava che soddisfazioni e appagamento, Ma mancavano anche allora, davvero, i giorni difficili? Che cosa dolorosa e, insieme, dolce, è tuffarsi nel passato!...
Il terzo tempo non esprime nulla di determinato. Sono arabeschi capricciosi, figure inafferrabili che attraversano la nostra mente come quando si è bevuto del vino e ci si sente un po’ ebbri…ci si lascia trasportare dalla fantasia. Ma ecco: improvvisamente ricompare alla memoria l’immagine di un piccolo contadino ubriaco e il ricordo di una canzonetta udita per la strada. Da qualche parte, in lontananza, passano soldati…
Quarto tempo: se non riesci a suscitare dentro di te un’atmosfera di gioia, guardati intiorno, Va’ fra la gente…partecipa ad una festa popolare. Preso dallo spettacolo di tanta allegria, dimentica la tua pena, fino al momento in cui, inevitabile, il destino (motivo del fato) torna a farsi sentire. La gente non si occupa di te e non si accorge neppure di quanto tu sia solo e triste. Sono tutti allegri, felici, dominati da sentimenti semplici e spontanei! Esci da te!...Partecipa della felicità altrui. La vita a pure i suoi lati belli. Questa è, amica carissima, tutta la spiegazione che le posso dare. Naturalmente le mie parole sono, sotto certi aspetti, oscure e non esaurienti, La caratteristica tipica della musica strumentale è proprio quella di non potersi facilmente spiegare a parole. Dove queste vengono meno, bisogna lasciar parlare la musica.”

“La nostra Sinfonia mi ha impressionato profondamente! (risponde immediatamente Nadieshda Filaretovna) Che effetto doloroso e sconvolgente ha sull’animo il primo tempo! Come sono belli quei temi, quegli accordi audaci (questa musica mi elettrizza), e come conclude! C’è da uscir di senno per l’emozione. Il secondo tempo: vorrei abbracciare e accarezzare questa musica, tanto è splendida nella sua trasognatezza e in quelle reminiscenze di musica popolare russa.” 
Così risponde Nadjeshda alla descrizione dell’amico sulla sinfonia, anche se non erano certamente le parole che in cuor suo si aspettava di ricevere dopo la confessione a cuore aperto; ella sperava di leggere quello che la sua passione amorosa domandava, ma l’elevata sensibilità che rivestiva il suo essere e il grande rispetto che nutriva verso i sentimenti stessi, la conducevano sempre a subire in silenzio, nella speranza che un giorno il suo Peter potesse finalmente coronare un sogno d’amore atteso da una vita. Già l’anno prima, la Marcia Slava del nostro inquieto compositore aveva rapito la signora Nadjeshda in un’esaltazione, in un’estasi totale. Allora, inebriata da quella musica, aveva offerto all’amico il tu. Questa volta la musica della Quarta Sinfonia le fa dimenticare tutto ciò che le sta intorno. Non ha altri pensieri che per l’amico, brama con tutte le fibre del suo cuore di averlo vicino, anela al prossimo viaggio a Napoli, per unirsi ancora una volta a lui, ma di questo incontro non se ne parlerà più. Un’unione, come già menzionato, ben singolare, incorporea, misteriosa; un vivere nel medesimo luogo, vicinissimi uno all’altra, come a Firenze nell’ottobre del 1878, lei residente a Villa Oppenheim non lontano da San Miniato, e lui a Villa Bonciani, poco distante, soltanto una breve passeggiata li dividono; poi a dicembre a Parigi, e nella primavera successiva nella residenza estiva di lei a Brailov; sia a Firenze che a Brailov, per pura casualità i nostri protagonisti, che vivono un idillio epistolare giornaliero, s’incontrano di sfuggita quando la carrozza di Nadjeshda nel far ritorno a casa incrocia Peter che passeggia lungo la strada; Peter colto di sorpresa s’inchina togliendosi il cappello con un ciglio di disappunto ma anche con evidente emozione, mentre Nadjesha racconterà nella lettera del giorno dopo la sua gioia e dell’incontenibile emozione sostenuta a fatica dal suo cuore per averlo visto fisicamente a pochi metri di distanza. Per volontà di Fato la stessa situazione si verificherà pochi mesi più tardi a Brailov, nel maggio del 1879, mentre Peter risiede ospite nella tenuta di Simaki, poco distante da Nadjehsda, ma come a Firenze entrambi vivono ognuno a modo proprio le sensazioni emotive senza nemmeno una parola e un tocco fisico. Ma chi più ne soffre di queste situazioni è senz’altro la sensibilissima e passionale Nadjeshda, che ancora è all’oscuro e non immagina dell’avversione cui è affetto l’amico verso il sesso femminile, causa prima che un giorno condurrà alla rottura del loro particolare rapporto d’amore.
Di questa triste e dolorosa rottura, ne parlerò nella quarta ed ultima parte.
Oggi vi lascio con la lettera di benvenuto che Nadjeshda scrive a Peter per il suo arrivo a Villa Bonciani:  
Firenze, Porta Romana, Villa Oppenheim
20 settembre 1878

“Sia benvenuto a Firenze, mio caro, adorato, impareggiabile amico! Come sono lieta, mio Dio, che gioia grande è per me sapere che lei è vicino; conoscere le stanze che abita, pensare che ammira lo stesso panorama che io ammiro, che respira la stessa aria che io respiro. È una felicità indescrivibile. Come desideravo che la casa che avevo scelto per lei le piacesse! Adesso è mio ospite, caro caro amico, tanto vicino al mio cuore. Di qualunque cosa dovesse aver bisogno, dalla carrozza per fare una passeggiata ai libri per leggere, si rivolga, la prego senza esitazione a Villa Oppenheim, come se fosse casa sua. Stia sicuro che non potrà che farmi piacere. Mia figlia Jiulia ha pensato che qui non si sarebbe trovato del buon tè; così, abbiamo portato da Mosca il nostro e ne manderemo anche a lei. Aljoscia, (il maggiordomo) che certo accudisce a lei con ogni cura, glielo preparerà. Quanto alle passeggiate, le consiglio quella splendida strada che passa proprio accanto alla sua casa e che porta al convento, al Camposanto e alla piazza di San Miniato. Lassù è una meraviglia, ci si arriva anche dal nostro viale. Facciamo ogni giorno, con qualsiasi tempo questa passeggiata; usciamo di casa alle undici e passiamo accanto a Villa Bonciani, dove sta lei. Ritorniamo per la medesima strada e alle dodici siamo a casa per la colazione.”

L’indomani dell’arrivo Peter risponde:

“Non trovo parole, amica cara, per esprimerle il mio incanto per tutto ciò che mi circonda. È impossibile immaginare di vivere in un posto più perfetto. Ieri non potevo prendere sonno; giravo per la mia splendida casa e assaporavo l’incomparabile silenzio, pensando a Firenze che amo tanto, distesa ai miei piedi, e a lei, felice di saperla tanto vicina. Quando stamattina, prestissimo, aprii le persiane, il mio entusiasmo raddoppiò ancora. Quanto mi è cara la singolare bellezza dei dintorni di Firenze! Per quel che riguarda la mia casa, essa ha soltanto il difetto di essere troppo bella, troppo spaziosa, troppo comoda. Temo che qui diventerò troppo viziato. Un pregio tutto particolare della villa è quel vasto terrazzo sul quale posso passeggiare e respirare aria pura senza uscire di casa. Per me, così amante del fresco, non è un piccolo vantaggio. Ieri ho passeggiato a lungo e non le posso dire come ho goduto l’incantevole silenzio della sera, rotto soltanto in lontananza dal mormorio dell’Arno. Quanto all’offerta di servirmi dei suoi cavalli e della sua carrozza, non ne approfitterò. Sono un appassionato camminatore e sono perciò contentissimo che la visita alla città sia legata a una passeggiata. Se una volta mi capitasse di sentirmi stanco, avrei la possibilità di ritornare a casa servendomi di una carrozzella. Ora voglio riposarmi del viaggio, prendere un poco visione dei dintorni e stabilire un programma per la distribuzione del mio tempo. Domani comincerò a lavorare. Fintanto che lei è qui, vorrei farle conoscere, almeno in parte, la mia nuova Suite o piuttosto la nostra Suite. A tal scopo voglio rielaborare qualche tempo a quattro mani. Le sarei grato se, di quando in quando, mi inviasse qualche giornale russo.” 
                ...ed eccoci ora partecipi di uno scorcio di vita squisitamente romantico: due creature, innamorate, in fondo, l’uno dell’altra, che abitano per un mese intero nella stessa città, a pochi passi di strada, ma evitano con ogni arte e precauzione qualsiasi incontro, che fatalmente invece avviene, anche se per pochi istanti e di sfuggita; un idillio che si consuma in scritti quotidiani, lettere assai simili a messaggi d’amore, lo stesso che entrambi ancora non immaginano che un giorno finirà in un silenzio senza appello da parte di Nadjeshda Filaretovna...


Daniel Barenboim dirige l’orchestra sinfonica di Chicago 
nell’interpretazione del 1st mvmt della 
Quarta Sinfonia di P.I.Ciaikovskji


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mercoledì 23 aprile 2014

Ciajkovskij .P.I & Nadieshda Filaretovna von Meck (parte seconda)

Pyotr Ilyich Ciajkovskij 
 Nadieshda Filaretovna von Meck

L’epistolario
(quando la lettera scritta sostituisce il suono della parola e unisce due anime)


Mosca, 17 ottobre 1877
"La sola lettera che mi ha procurato una gioia ineffabile, caro, prezioso amico!... (in risposta a quella scritta da Peter il 5 ottobre durante il soggiorno a Clarens – Svizzera; soggiorno deciso col fratello Modest per restare lontano da un rapporto matrimoniale ormai compromesso definitivamente, dove lamenta l’impossibilità di continuare a vivere a fianco di una donna che non ama, di quanto il suo spirito sia in condizioni terribili e della ristrettezza economica che lo affligge)... Rientrando a Mosca ero rimasta molto turbata dalla notizia della Sua partenza poiché non riuscivo a spiegarmene i motivi e non potevo comprendere come mai non avessi saputo prima di tutta la faccenda. Ora so tutto, povero amico mio, e per quanto il mio cuore sia dolorosamente colpito per quel che lei ha dovuto soffrire e che è venuto a rovinare la sua vita, sono tuttavia lieta che ella abbia compiuto questo passo decisivo, inevitabile, il solo giusto in una tale situazione. Non avevo osato dirle apertamente la mia opinione, poiché lei avrebbe potuto giudicarla un’invadenza da parte mia. Ripeto: sono lieta che ella abbia trovato una via d’uscita da un tale mondo di ipocrisia e di delusione che non è degno di lei. Ella ha fatto per un’altra creatura tutto quello che si può immaginare, ha lottato fino all’estremo, ma non ha ottenuto nulla; la gente come lei, infatti, in una situazione simile, può andare a picco, ma non certo addattarsi…Per quanto riguarda la disposizione dell’animo mio verso di lei, mio Dio, come ha potuto Peter Iljic, pensare, anche per un solo istante, che io l’avrei disprezzata? Proprio io, che per tutto quanto è accaduto, non solo ho comprensione, ma sento esattamente come lei e avrei agito proprio nello stesso modo? Soltanto che, al suo posto, io mi sarei probabilmente decisa prima ad una separazione, poiché non sono capace di tanto spirito di sacrificio. E ancora una cosa, Peter Iljic caro, perché mi affligge e mi ferisce col lasciarsi così sopraffare dalle difficoltà economiche? Non ci sono dunque io? Lei sa pure come io l’apprezzi e le desideri ogni bene. Sono del parere che non siano i vincoli del sangue o i legami fisici a darci diritti sui nostri simili, ma unicamente i sentimenti e le affinità spirituali.
Lei sa benissimo di quante ore di felicità io le sia debitrice, come gliene sia infinitamente grata, come lei mi sia indispensabile, e proprio così com’è, come Iddio l’ha creato. Non faccio dunque nulla per lei, ma tutto per me stessa…Se oggi fossi io a voler qualcosa da lei, certamente non me lo rifiuterebbe, nevvero? Dunque siamo pari. Lasci allora che per qualche tempo io mi incarichi di sistemare la sue faccende domestiche.
Non so come la pensi lei a questo proposito, quanto a me preferirei che gli altri non fossero al corrente di questa nostra amicizia.”
 
Con grande generosità, la signora Nadjesdha von Meck, elimina ogni sua preoccupazione per la vita materiale assegnandogli una rendita annua di seimila rubli. L’animo di Peter, per quanto sofferente per i sensi di colpa causati da un matrimonio fallito in partenza, trabocca di sentimenti di gratitudine verso la sua protettrice e il giorno dopo risponde: 
“Prima di conoscerla, non sapevo che esistessero creature dotate di tale finezza d’animo, di tale profondità di sentire. Per me è sorprendente che cosa ella fa per me e come lo fa…Ogni nota che d’ora in poi uscirà dal mio cervello, sarà dedicata a lei. A lei io devo se la voglia di lavorare mi ritornerà con raddoppiata energia e mai, mai, lavorando, dimenticherò neppure per un secondo che è stata lei ad aiutarmi a continuare la mia professione d’artista. Molto mi resta ancora da fare, lo so benissimo. Senza falsa modestia, vorrei dirle che tutto quanto ho prodotto finora mi sembra così incompiuto, così debole in confronto con ciò che io posso e debbo creare ancora. Arriverò a questo…
Mi vado lentamente rimettendo al lavoro e posso adesso dire con esattezza che la nostra Sinfonia sarà terminata non oltre dicembre e che lei la potrà ascoltare già nel corso di quest’inverno. Che questa musica, a lei così intimamente legata nello spirito, le posso dire, mia ottima, impareggiabile amica, come io l’amo con tutte le forze dell’anima mia”
 
Nadjesdha Filaretnova von Meck

Nadjesdha von Meck, figlia di un possidente russo, ha nove anni più di Ciaikovskji. A diciotto va in sposa a Karl Georg von Meck, nobiluomo baltico, i cui antenati erano stati un tempo i signori del feudo di Sunzel, nelle vicinanze di Riga. Il giovane Karl Georg non aveva però ereditato alcun bene e al momento del suo matrimonio occupava un modesto impiego come ingegnere. La giovane coppia dovette sostenere una dura lotta contro le difficoltà della vita.
 
“ Non sono sempre stata ricca – scrive Nadjesdha Filaretnova in una lettera a Peter . – Per gran parte della mia esistenza mi son trovata povera, poverissima. Mio marito era ingegnere delle comunicazioni alle dipendenze dello Stato, guadagnava millecinquecento rubli all’anno, e queste entrate dovevano bastare per mantenere una famiglia con cinque figli. Situazione assai poco brillante, come vede. Ero allo stesso tempo la balia, la governante, la maestra, la sarta dei miei bambini e la cameriera e la segretaria di mio marito. Il lavoro era molto, ma lo facevo volentieri.
Ben altro mi affliggeva. Sa lei, Peter Iljic, che cosa significa avere un impiego? Lo sa che si deve dimenticare di essere individui dotati di ragione, di volontà propria, di dignità? Che bisogna essere automi burattini? Non potevo sopportare che mio marito si trovasse in una situazione simile e perciò non cessavo di insistere e di pregarlo perché lasciasse quel posto. All’obiezione che non avremmo più avuto niente da mangiare, replicavo che avremmo lavorato e che di fame non saremmo morti. Quando finalmente cedette alle mie preghiere, venimmo ben presto a trovarci in grandi difficoltà, tanto che per il nostro sostentamento non potevamo spender di più di venti copechi al giorno. Eppure non rimpiansi mai quella nostra decisione.”
 
È l’epoca in cui in Russia si costruivano strade e ferrovie in quantità; agli imprenditori accorti si offrivano possibilità enormi. Progetti e stanziamenti son fatti senza economia. Trattandosi di collegare con una ferrovia le due capitali, Mosca e Pietroburgo, si chiede allo zar Nicola I di esprimere i suoi desideri. Il sovrano si fa dare allora una carta e una riga e con la matita congiunge le due città con una linea retta. La strada ferrata viene infatti costruita secondo quella direttiva, lunga quasi settecento chilometri, senza curve, senza riguardo per gli ostacoli naturali, tale quale corre ancor oggi fra le due città maggiori della Russia. Karl von Meck è un abile ingegnere. Pungolato dalla volontà prepotente della moglie, compie imprese straordinarie e lega il suo nome a parecchie ferrovie di grande importanza. Non è però tagliato per gli affari e lascia quindi che la moglie si occupi della parte commerciale delle sue imprese. Quando muore nel 1876, dopo ventotto’anni di matrimonio, lascia in eredità alla consorte undici figli e un patrimonio di molti milioni. Nadjesdha si trova ad affrontare un compito gigantesco con che assolve con molta energia e intelligenza. L’ultimogenito viene al mondo nel 1877. Ciakovskji appare all’orizzonte proprio nel momento in cui muore il marito di Nadjesdha, che si ritira allora dalla vita di società quasi in modo assoluto e si dedica all’educazione dei figli, sette dei quali vivono ancora sotto il suo tetto, mentre gli altri sono in gran parte sposati. Nadjesdha von Meck, ormai diventata la più ricca signora di Mosca, abita in un severo palazzo di ben cinquantadue stanze. La casa è arredata col gusto sovraccarico del tempo: ovunque arazzi e tappeti finemente lavorati e mazzi di fiori sotto campane di vetro. Il carattere e lo spirito di Nadjesdha sono rivolti per natura verso il bello e la bellezza artistica. Un impiego stabile e molto apprezzato vi trovano i musicisti, che suonano insieme duetti e trii con l’amabile padrona di casa (pianista eccellente) e che danno lezioni di musica ai ragazzi. Avremo occasione di parlare di come il giovane Debussy farà la sua comparsa nella cerchia della signora von Meck, per suonare con lei a quattro mani e insegnare il canto alla figlia Julia.
La signora Nadjesdha possiede inoltre alcune splendide tenute in campagna, fra tutte, la più bella è quella di Brailov, in Ucraina. La salute di lei non è eccellente, il freddo soprattutto le riesce insopportabile e la spinge sovente in viaggi al sud e molti all’estero. Con passare degli anni la sua misantropia aumenta. Nicolai Rubinstein, il signore della vita musicale moscovita, è una delle rare persone che di quando in quando può andare a farle visita. Non di rado egli ha bisogno di sovvenzioni per il suo Conservatorio ed ella allarga generosamente i cordoni della borsa. Ai concerti e a teatro se ne sta in disparte in fondo a un palco ed evita di parlare con qualcuno. Di lei si conosce l’alta figura slanciata, gli occhi espressivi scuri, la folta chioma castana. Come molte donne russe, è capricciosa, mentre la natura interiore molto sensibile, la rende a volte irresponsabile nei grandi gesti di generosità che fa da contorno a una passionalità irruente. Si strugge dal desiderio di trovare anime su cui riversare affetto, sospinta inconsciamente nel desiderio di riceverne. Adora i figli e nasconde la preferenza che ha per alcuni di essi. Quand’ecco, al suo orizzonte apparire Ciaikovskji che ha allora trentasette anni.
Ho riassunto i lati più incisivi di questa donna straordinaria, dall’anima sensibile e dallo spirito nobile, che protende verso le grazie del bello artistico, confermato da una delle tante lettere scritte a Peter:
 
“Amo la musica appassionatamente, - scrive in una di queste – quando ascolto musica, non penso a nulla e provo una sensazione di benessere fisico…La musica mi fa sprofondare in uno stato di ebbrezza come un bicchiere di Sherry. Ci si sente trasportati in un luogo sconosciuto, misterioso, in un regno celeste. In tale stato si sarebbe pronti a morire. Recentemente suonavo l’andante cantabile, dal suo Primo Quartetto per archi. Tale musica mi mise in uno stato di ebbrezza così intensa che un brivido mi corse per tutto il corpo…Credo che nessuno avverta l’infinita malinconia espressa da quelle note. È una musica che mi lascia senza fiato. Che arte soprannaturale! In essa soltanto si manifesta la scintilla divina della umana natura”. 
Il maestro prontamente risponde all’amica:
“Lavoro assiduamente all’istrumentazione della nostra sinfonia, (oggi chiamata, Quarta Sinfonia - aggiunta doverosa per chi legge)  e sono completamente assorto in questo lavoro. Nessuna delle mie composizioni orchestrali mi è costata tanta fatica, ma a nessuna anche ho lavorato con tanto amore. Dal principio ero spinto soltanto dal desiderio di finire la Sinfonia; poi, a poco a poco, mi sono lasciato avvincere e adesso non vorrei mai stancarmi del lavoro. Forse mi inganno, mia cara Nadjesdha Filaretnova, eppure credo che questa sinfonia non sia un’opera mediocre; è meglio di tutto quel che ho scritto finora. Com’è consolante per me, il pensiero che questa sia proprio la nostra Sinfonia e che lei, quando finalmente l’avrà ascoltata, sappia come ad ogni battuta io abbia pensato a lei. L’avrei mai portata a termine se ella non fosse entrata nella mia vita? A Mosca, quando credevo che tutto, per me, fosse finito, avevo scritto sullo schizzo le seguenti parole, dimenticate e poi ritrovate ora:”In caso di morte questi fogli devono essere consegnati a N.F. von Meck”. Desideravo sapere nelle sue mani il manoscritto della mia ultima opera. Invece, adesso, non soltanto vivo e sto bene, ma posso, grazie alle sue cure, dedicarmi interamente al lavoro con la coscienza che al mio cervello scaturisce una musica che non sarà mai dimenticata.”
  
La “Quarta sinfonia”

Quando un’affinità apre l’anima e il cuore

Per Peter, quella di scrivere quasi ogni giorno alla sua preziosa amica e di aprirle il cuore diventa una cara consuetudine che influisce positivamente anche sul suo fragile spirito. Non muove più un passo senza chiederle prima consiglio e approvazione. Tale comunione di anime dona a Nadjesdha una vera ebbrezza di felicità, un vero stato di beatitudine, ma anche di totale eccitazione.
Di questa sinfonia scriverò nella terza parte [...]

Oggi invece, vi lascerò con l’ascolto di quello che è ricordato come uno dei concerti per violino più discusso e criticato del suo tempo: il concerto per violino e orchestra opera nr35 in re maggiore. Opera biasimata e demolita dal famigerato critico musicale del momento Eduard Hanslich, della Neue Freie Press di Vienna, che già aveva perseguitato Richard Wagner e Anton Bruckner con le sue recensioni feroci. Dopo la prima al teatro di Vienna aggiunge una nuova gemma alle precedenti dichiarando che il concerto per violino di Ciaikovskji, altro non è che “musica puzzolente”.
Il nostro sensibile compositore porterà con sé la feroce critica di Hanslich, rimanendo profondamente offeso per vari anni. Ma un critico, per quanto bravo possa essere non fa sempre la storia, tanto che il concerto per violino opera nr 35 in re maggiore, diventerà ben presto il pezzo favorito e amato di molti violinisti. Più tardi anche il grande Leopold Auer, che a suo tempo si rifiutò di eseguirlo, ne fu conquistato e lo suonò ripetutamente.

Questo meraviglioso concerto per violino, Ciaikovskji lo porta a termine in un paio di settimane nel marzo del 1878 durante la permanenza a Clarens, Svizzera, e resterà per sempre una delle sue composizioni predilette. Dopo il rifiuto per le difficoltà tecniche di esecuzione da parte di Iosif Kotek e di Leopold Auer, i maggiori violinisti del periodo, il concerto viene eseguito tra mille difficoltà dal giovane Alexandr Brodskji, che trova il coraggio di suonarlo a Vienna tre anni dopo, il 4 dicembre 1881.
Nadjesdha Filaretnova dopo il primo ascolto a Mosca, lo porterà per tutta la vita nel suo cuore: in esso lei vi percepirà sempre il riflesso continuo del suo temperamento passionale e allo stesso tempo il respiro delicato della sua anima, dove i sentimenti dell’amore per il suo amico prediletto, non espressi nella loro totalità, troveranno il vertice più elevato nelle quiete e agitate acque del suo mondo interiore.

..fra le varie esecuzioni di valenti artisti, ho scelto questo trailer dal film - Il concerto - del regista rumeno Radu Mihaileanu, per aver creato con spiccata fantasia e immaginazione, una sceneggiatura ironica e allo stesso tempo commovente che s’intreccia magicamente col il concerto, qui il 1° movimento -allegro moderato- che darà poi il titolo al film, che consiglio di vedere a chi non lo avesse ancora visto…

 
Per chi fosse interessato alla parte prima può cliccare: QUI

domenica 6 aprile 2014

Ciajkovskij .P.I & Nadieshda Filaretovna von Meck (parte prima)

Pyotr Ilyich Ciajkovskij 
 Nadieshda Filaretovna von Meck

L’epistolario
(quando la lettera scritta sostituisce il suono della parola e unisce due anime)

Nadieshda Filaretovna von Meck 1875
“Sa mio caro Peter Iljic (lettera del 22 gennaio 1878), da gran tempo questa nostra non comune simpatia reciproca, questa concordanza di idee davvero incredibile, quale si rivela in ciascuna delle nostre lettere, mi riempie l’animo di stupore. Una simile affinità di nature è rara anche fra parenti strettissimi. Oh Dio, com’è bello avere almeno una persona al mondo alla quale ci si possa confidare! In questo stato di felice abbandono come tutto, anche il male, diventa tollerabile e non impedisce di sentirsi contenti...Ha mai amato lei, Peter Iljic? Ne dubito. Ama troppo la musica per poter amare una donna. So di un episodio amoroso della sua vita, (riferimento alla cantante Désirée Artot - aggiunta personale non presente nella lettera) ma credo che il cosiddetto amore platonico (Platone del resto non ha affatto amato in tal modo), sia soltanto amore a metà; unicamente amore della fantasia, non del cuore; non quel sentimento che investe corpo e sangue dell’uomo, che solo lo mette in grado di vivere.”
P.I.Ciajkovskji -Mosca 1876- 
“Lei mi chiede, cara amica, se io conosco l’amore terreno. Sì e no. Se si volesse porre la domanda altrimenti e chiedere se nell’amore ho trovato la pienezza della felicità, allora dovrei rispondere: no, no, no, tre volte no!!! Credo del resto che anche la mia musica dia una risposta a questa domanda. Ma quando lei mi chiede se conosco tutta la pienezza, tutta la forza inesauribile dell’amore, allora debbo rispondere: sì, sì, sì, tre volte sì! Ripeto che ho più volte tentato di esprimere nella mia musica il tormento e la beatitudine dell’amore. Se questo mi sia riuscito, non lo so, lo devono giudicare gli altri. Non sono però del suo parere su un punto, quello che la musica non sia capace di rendere la forza universale dell’amore. Al contrario, la musica soltanto può farlo. Lei dice che questo può avvenire soltanto attraverso le parole. Oh no! Proprio per questo non occorrono parole. Laddove esse vengono a mancare subentra in tutta la sua pienezza un linguaggio più eloquente: la musica. Anche il discorso ritmico, ossia della poesia, con la quale i poeti glorificano l’amore, non è altro che un addentrarsi nel dominio riservato alla musica. Non appena le parole prendono forma di poesia, non sono più soltanto tali, si sono già trasformate in musica. La miglior prova che la poesia in glorificazione dell’amore sono assai più musica che semplici parole la trovo nel fatto che, molto spesso, tali poesie non hanno un senso immediatamente afferrabile (penso a Fet,- poeta russo - un mio prediletto). Invece, al contrario di quanto sembrerebbe, versi di quel genere non soltanto hanno un significato, ma racchiudono pensieri profondi, di natura però puramente musicale [...]”

Peter Ilich Ciajkovskij, terzo di sette figli nasce a Votkinsk nel 1840, da  Aleksandra Andreevna d'Assier, di nobili origini francesi ma nata a San Pietroburgo; donna mite e riservata, amante dell’opera lirica e sinfonica, nonché discreta pianista, educa subito Peter alla musica; il padre, Ilja Petrovic è ingegnere e dirige una miniera a Votkinsk nel governatorato di Vjatka, non lontano dagli Urali, dove Peter viene al mondo. I genitori hanno idee diverse sull’avvenire del terzo figlio, la madre sogna per Peter il palcoscenico musicale, quando il padre invece lo indirizza agli studi di giurisprudenza.
Dopo i corsi superiori di diritto, equivalenti alla nostra università, Peter entra nella carriera degli impieghi governativi, ma coltiva intanto la musica con maestri del conservatorio di Pietroburgo: Nikolaj Ivanovič Zaremba per la composizione, lo Stiehl per l’organo, A.Rubinstein, fondatore dello stesso conservatorio nonché pianista di fama internazionale, per il pianoforte e infine, il nostro grande C.Ciardi per il flauto.
Dopo aver conseguito il diploma musicale con alto merito, lascia definitivamente l’impiego statale per quello che sarà per sempre, nel bene e nel male, il destino della sua vita: la musica. A spingerlo verso questa definitiva decisione, è l’amore appassionato che egli nutre da sempre verso le opere di quello che lui considera essere quasi un dio, soprattutto a causa del Don Giovanni: W.A.Mozart. Quest’opera lo accompagnerà dai primi anni della giovinezza fino all’ultimo periodo della sua attività musicale e rappresenterà per lui il vertice di ogni forma creativa.
Nel 1866, con l’aiuto dell’allora direttore Nicolaj Rubinstein, fratello minore di Anton, viene nominato professore d’armonia al conservatorio di Mosca, posto che tiene soltanto fino al 1877, anno della crisi per un matrimonio fallito e della svolta per la conoscenza virtuale di una nobildonna moscovita: Nadieshda Filaretovna von Meck; pur ottenendo elogi e riconoscimenti per alcune opere musicali, come il concerto per piano nr1 in Sib minore, la carriera di docente non soddisfa il carattere inquieto del maestro, anzi lo deprime, e a questo fa da corollario una vita privata poco esaltante che si può riassumere in un matrimonio infelice rotto a distanza di pochi mesi, alle condizioni finanziarie assai disagiate e, più di tutto, la tendenza innata alla malinconia, che lo rendono amaro, sdegnoso e malato di nervi: situazione precaria sia fisica che psicologica, che cerca di distrarre con viaggi in Svizzera e in Italia, senza ottenere un concreto beneficio.
“Sono molto cambiato, da quando ci vedemmo l’ultima volta, - scrive ad un amico dopo circa dieci anni di soggiorno a Mosca. – non c’è più nemmeno la traccia del mio umore allegro di un tempo, quando ero sempre in vena di fare scherzi. La mia vita è ora orrendamente monotona e vuota: comincio a pensare seriamente al matrimonio. L’unica cosa che sopravviva inalterata in me è il piacere che provo a comporre. Così, se non fossi condannato ad incontrare ad ogni passo ostacoli continui e noiosi, per esempio le lezioni al Conservatorio che di anno in anno mi nauseano sempre più, potrei senza dubbio produrre qualcosa di notevole. Ma ahimè, sono incatenato alla scuola.”
La vera svolta a questa malevole situazione avviene per soccorso del destino:
fra gli allievi del conservatorio Ciaikovskij novera un certo Iosifovich Kotek, violinista russo (1855-1885) che ben presto diventa suo prediletto in composizione e poi amico intimo. Fra il maestro e l’allievo intercorrono quindici anni di età che non impediscono loro di aver un rapporto più che intimo fino alla morte del violinista. In questo periodo Josifovich gioca inconsapevolmente un ruolo molto importante, anzi, decisivo per la carriera musicale di Ciaikovskij: ci avviciniamo al 1877, e il trentasettenne Peter Iljic.C, si trova ancora a Mosca in qualità di insegnante di composizione al conservatorio. Fato vuole che il giovane violinista Kotek, abbia una specie d’impiego fisso presso la baronessa (titolo nobiliare acquisito) Nadjeshda Filaretovna von Meck, (1831-1894) ricchissima dama della società moscovita che nutre un amore appassionato per la musica, tanto da essere essa stessa una valente pianista. A giorni prestabiliti riceve il giovane Kotek per eseguire trascrizioni musicali per violino e pianoforte. Kotek le parla di Ciaikovskij, della triste e penosa situazione in cui egli si trova per essere un talento musicale fuori del comune. La baronessa d’indole generosa manifesta il desiderio di conoscerne le composizioni e ben presto si accende di così forte entusiasmo per quella musica piena di svolte sentimentali, da decidere di aiutare il compositore. Tramite il giovane violinista, chiede a Ciaikovskji, offrendogli un generoso compenso in rubli, di trascrivere per violino e pianoforte alcune sue composizioni. Da questo fatale preludio nasce un rapporto epistolare che nel tempo diverrà sempre più intimo e personale. Un rapporto singolare che durerà tredici anni, in cui uno non udrà mai la voce dell’altra, ma che giorno dopo giorno aprirà i cuori dei protagonisti, fino ad accendere sentimenti passionali non condivisi, nell’essere della sensibile e generosa signora. Infatti, è proprio la signora Nadjeshda a porre questa singolare condizione: mai egli dovrà fare il tentativo di conoscerla personalmente. Di buon grado il musicista acconsente al suo desiderio e i due non si scambieranno mai una sola parola.

Ecco la prima lettera: Mosca , 18 dicembre 1876
“Egregio Peter Iljic! Mi permetta di esprimerle la mia sincera gratitudine per dato così sollecito seguito alla mia richiesta. Ritengo inopportuno dirle quale senso d’incanto abbia destato in me le sue composizioni, perché ella è certamente avvezzo a ben altri omaggi e l’ammirazione di una creatura insignificante quale son io nel campo musicale, non potrà che sembrarle ridicola. Tuttavia, questa passione per la musica rappresenta per me un bene tanto prezioso che non permetto a nessuno di riderne. È tutto quanto le voglio dire, pregandola di credermi. In compagnia della sua musica, vivere diventa più facile e più piacevole”. 

Ciaikovskji, allora risponde: Mosca, 19 dicembre 1876
Egregia Nadjeshda Filaretovna!La ringrazio di cuore per le amabili e lusinghiere parole che mi ha scritto. A un musicista come me, che ha incontrato tanti insuccessi e tante delusioni, è di grande conforto sapere che esiste un piccolo numero di persone come lei, così fervidamente e sinceramente appassionate per la sua arte.”

Due mesi più tardi, facendo seguire una nuova ordinazione, la signora von Meck scrive fra l’altro:

“Le racconterei molto, moltissimo a proposito della mia fanatica ammirazione per lei, se non temessi di abusate del suo poco tempo libero. Le voglio dire soltanto che una tale passione, per quanto possa apparire insensata, mi è cara come il più sublime di tutti i sentimenti di cui sia capace la natura umana. Mi consideri pure una visionaria, una pazza forse, ma non rida di me.”

Immediatamente il musicista risponde: 

“Mi dispiace che lei non mi abbia detto tutta quanto aveva nel cuore. Le assicuro che sono profondamente toccato dai suoi sentimenti poiché anch’io provo per lei la più calda simpatia. Non sono soltanto parole: la conosco meglio di quanto forse ella non creda. Se un bel giorno si decidesse a scrivermi tutto ciò che ha da dirmi, le sarei molto grato…”
Dopo soltanto due settimane la gentile signora scrive: 

Mosca, 7 marzo 1877 

“Egregio Peter Iljic! La sua cara risposta alla mia lettera mi ha procurato una gioia quale non provavo da tempo..Eccomi ora a lei con una fervida preghiera che potrà forse sembrarle strana. Ma un individuo che come me conduce vita da eremita, viene naturalmente a trovarsi in uno stato d’animo per cui convenzioni sociali, regole di buona creanza e cose del genere sembrano concetti vuoti di senso. Non so in realtà come la pensi lei, la prego vivamente di dirmelo con franchezza e di respingere la mia istanza. Ecco che cosa vorrei: la sua fotografia. Posseggo già due suoi ritratti, ma vorrei riceverne uno proprio da lei. Mi piacerebbe ricercare sul suo volto le tracce delle ispirazioni e dei sentimenti sotto il cui influsso ella compone quelle opere capaci di rapirci in un mondo di sensazioni e di aneliti collocati al di là di quanto la natura può offrire. Quale godimento e quanta nostalgia suscita la sua musica! La prima delle sue opere orchestrali che ebbi occasione di ascoltare fu La Tempesta. È impossibile descrivere le sensazioni evocate in me da questa musica. Per giornate intere mi sentii come in preda alla febbre senza che riuscissi a liberarmi da un tale stato di eccitazione. Considero il musicista una creatura superiore e sebbene a tal riguardo abbia sofferto non poche delusioni, questa convinzione è ben radicata nel mio animo, profondamente. Come mi fui riavuta dalla prima violenta impressione suscitata in me dalla sua opera, provai l’impellente desiderio di sapere che razza di uomo fosse colui che aveva composto una tale musica. Ci fu un tempo che avrei voluto tanto conoscerla di persona, Ma ora che subisco così intensamente il suo fascino, temo un incontro. Se un giorno dovessimo per avventura conoscerci, non potrei comportarmi con lei come un estraneo, non potrei stringerle la mano senza profferir parola. Preferisco quindi pensare a lei da lontano…
Ho ancora una preghiera da rivolgerle: nella sua opera Opricniki c’è un passaggio che mi rende addirittura pazza ogniqualvolta l’ascolto. Per tale musica che esprime la sublimità della morte, mi sentirei capace di dare la vita. Se ne ha voglia, faccia con tali motivi, una marcia funebre per me, e precisamente per pianoforte a quattro mani. Se la mia richiesta dovesse però riuscirle inopportuna, sia come non detto. Mi dispiacerebbe certo, ma non ne sarei offesa. Vorrei inoltre pregarla di permettermi di omettere nelle mie lettere simili formalità come: “egregio”. Non sono di mio gusto. E prego lei di fare altrettanto nelle sue. Non rifiuterà, nevvero?”

Peter si sottomette a queste condizioni e risponde subito:
“Già la circostanza che soffriamo entrambi dello stesso male ci avvicina l’uno all’altra. Questo male si chiama misantropia…Ci fu un tempo in cui questa malattia mi faceva soffrire a tal punto da farmi perdere la ragione…Fu il lavoro a salvarmi, il lavoro che è per me necessità e godimento a un tempo.”

Quanto alla Marcia Funebre che ha ordinato, N.Filaretovna e fuori di sé dalla gioia:

“La sua Marcia è talmente splendida che mi ha fatto sprofondare in una specie di follia, in un stato in cui si dimentica tutto quanto la vita ha di amaro e di deprimente. Non è possibile descrivere quali sensazioni caotiche suscitano nel mio cuore e nella mia mente le note di quel lavoro. I miei nervi tremano, vorrei piangere, vorrei morire, anelo a un’altra vita; non a quella cui credono gli uomini, ma un’altra, superiore ed inafferrabile. Il sangue pulsa nelle tempie, il cuore batte, davanti agli occhi cala un velo nero e soltanto l’orecchio ascolta rapito le magiche note di quella musica…
Oh Dio! Com’è grande l’uomo che può donare a un altro una simile beatitudine…Com’è bella la sua Francesca da Rimini! Esiste un altro, capace di rendere meglio l’orrore dell’inferno e l’incanto dell’amore?”
Ma chi è, dunque, questa signora von Meck, chiamata dal destino a rappresentare una parte così determinante nella vita del nostro musicista? Da innamorarsi della sua musica a tal punto da diventarne, prima generosa mecenate e poi musa ispiratrice?

Nadjeshda Filaretovna von Meck

N.F.von Meck, figlia di un possidente russo, ha nove anni più di Ciaikovskji. A diciotto va sposa a Karl Georg von Meck [...]

la parte seconda sarà dedicata anche alla conoscenza di questa sensibilissima figura femminile…
...la musica non è che l'arte di adattare silenti pensieri ai suoni...

 
 ...un compositore di musica, è come 'il sognatore', generalmente considerato una persona non viva, quando è soltanto un essere assente; egli vive all'interno con una concentrazione talmente intensa di vita, che all'esterno non ne traspare più nulla...

sabato 8 marzo 2014

8 marzo 2014

...dedicato all'incarnazione del sorriso di Dio...

 




..se ami la donna, non offenderla, non maltrattarla, rispettala, poiché potrebbe non donarti più quel profumato colore di bellezza che tanto ami, accarezzala sempre con amorevole attenzione, come farfalla al fiore... 










 ...femminilità
non sei un pensiero razionale  che può sbagliare
ma un'emozione che non sbaglia mai..






...donna, candido Cigno di soave eleganza che danzi nei respiri del cuore...
 

Amore di donna non fare rumore cammina leggera
Lascia che l’amaro del giorno cada tenera sera
Lascia i tuoi sogni incompiuti alla tacita notte

Amore di uomo non fare rumore cammina leggero
È sul quel corpo di Cigno che tu danzi sereno
E son le sue piume che baciano tuo il desiderio




lunedì 24 febbraio 2014

Gravità


…penso e credo che ogni essere porti dentro di sé qualcosa di alieno, qualcosa che non rientra nella propria dimensione conosciuta, qualcosa d'inspiegabile: alcuni lo sentono, altri, no…
 
Gravità
…come innocente fanciullo che gioca con pallottoliere di colorate stelle, io novero minuti e ore, e fatale vedo scemare il giorno nell’oscura notte; e quando guardo e miro candido giglio piegarsi al tempo, e sì negletto lasciare immacolata verginità, e sì di tanto fieri alberi or già spogli di smeraldina veste che di natura furon ombrello alla calura, e quando ancor di tanto miro dorate spighe strappate in taglio, e giù in fascio legate a terra fra solchi di umane orme, io di allor rivedo scuri riccioli inanellati in seta, voluttà ricamo di tua fiorita alcova, or già orchidea d’inargentati steli bianchi; così or oggi svolto e stanco, pensoso miro e rimiro alto il cielo, e d’incanto m’abbandono a immensità d’Eterno, sognando irrevocabil tempo e verecondi affetti, quando silente socchiudo gli occhi all’infinita tua Bellezza, oscura e divina Gravità, arcana madre che dolce attrai e culli in seno d’ogni celeste corpo l’armonia, e d’ogni respiro un sol cuore senza età, allorché equitaria falce di Fato primo Quanto, quaggiù su mortale spoglia, per sempre d’umana gravità, d'un sol cuore, silenzierà il mio…

...non sono certo se sia stato Dio a creare l’uomo e non l’uomo a creare un Dio. Ah, Gravità che governi l’universo, se soltanto tu potessi favellare, di certo dissolveresti il dubbio…




… anima del mondo, di poesia ultimo verso, muto sguardo che d’ambascia ti perdi nell'infinito d’un’immensa gravità, nulla sarà più grande del tuo pensiero …

…anima del mondo, candida colomba, prigioniera d’una vita, è tempo di libertà, di profondissima quiete e sovrumani silenzi…


…gravità che hai visto cieli di ogni età, e uomini di ogni tempo, il buio è per sempre, soltanto due occhi a riflettere la tua luce…




…anima del mondo, se hai percepito l’emozione vivere nella quiete dell’universo, se l’hai sentita morire nel frastuono della terra, ora scrivila nel Bello che respira nella gravità dei corpi …




...gravità che sostieni corpi vicini e distanti, che li attrai in fatale scontro, che li unisci  d'unione inseparabile, dimmi, chi sono io e, chi sono loro?...




 
foto dell'astronauta Paolo Nespoli dalla Stazione Spaziale Internazionale

Anima del mondo
Domani sarai polvere
Silente e grigia polvere
La stessa che oggi
Ricopre gli abiti d’una vita
La stessa che ieri
Ha ricoperto infinite parole
La stessa grigia polvere
Che un giorno seppellirà
La voce vissuta d’un cuore
Ultimo istante di tanti respiri
Sonoro attimo che tacito si perde
Nell’immensa culla
D’un’oscura gravità

sì Roy, nell’oscura gravità i tuoi occhi hanno contemplato 
la più bella poesia dell’universo, ora è tempo di morire…
 
                                                      ©Sergio Dellestelle

venerdì 14 febbraio 2014

San Valentino

…amore, non sono queste le nostre parole, di oggi....
 ..."amore, la vita non è soltanto un corto volo del tempo, è un racconto resoconto delle nostre sensazioni, delle nostre percezioni, delle nostre azioni, delle nostre emozioni, delle tante parole dette e non dette, e dei nostri piacevoli e non piacevoli ricordi. È confortevole pensare che possa esistere oggettivamente di per sé. E che la sua naturale esistenza non sia sufficiente, in ogni caso, a spiegare il fatto che essa ci possa cogliere e lasciare in ogni istante. Amami oggi."...

 …io e te noi soli
fra onde umide d’amore
e raggi di sole
appeso è il filo della nostra vita…




 …amore
nel palmo delle mani
gocce d’acqua cristallina
trattienile con cura
non lasciarle cadere…



…amore
se i nostri pensieri
sono baci di lune che creano sogni
lanciamoli in aria
come aquiloni senza filo…

 
…stelle non parlate
sole stai zitto e luna taci
non dite come avete scoperto
la nudità del nostro amore…



 
…dedicato a tutti i cuori che oggi amano e sono amati…


… da una mente che scrive e dalla sua mano che esegue, un sincero abbraccio...




amore
non temere mai di sbagliare
quando è solo sbagliando 
che l’amore insegna
e non è uno sbaglio
l’ultimo bacio di oggi
uguale al primo di ieri
lo stesso bacio
che domani dissolverà
ogni nostro
grande o piccolo errore


 

love
never be afraid to make mistakes
when it is only wronged
that teaches love
and is not a mistake
the last kiss of today
equal to the first of yesterday
the same kiss
that tomorrow will dissolve
each of our
big or small error
                                                                                                    ©Sergio Dellestelle

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