lunedì 27 gennaio 2014

Amadeus (parte prima)



Wolfgang Amadeus Mozart 1782























In tale solenne splendore
Tu apparirai presto a tutto il mondo.
La tua potenza vive
Nel regno del sole.
J.W. Goethe
Non v’è nulla nella pelle
Che già non sia nelle ossa
Un essere deforme ripugna tutti,
fa male agli occhi.

Che cosa invece da gioia? Veder fiorire
Quel che è già ben formato interiormente
Sia pur terso, all’esterno, o variopinto.
Che gli è già predisposto.

J.W.Goethe  (suo grande estimatore)


…cari amici, in passato ho scritto di F.Chopin, L.v. Beethoven e di J.S. Bach, oggi è per me un piacere ma anche un dovere morale ricordare il più grande genio che la musica abbia prodotto, e che il Dio del suono abbia concepito, Wolfgang Amadeus Mozart, dandogli il soffio del respiro il giorno 27 gennaio del 1756….


Il piccolo Mozart a Verona  1760
…e viene il giorno, come per tutti i miseri mortali, che per fatale scelta anche il ‘Kammerkompositeur’ (compositore da camera) Wolgang Amadeus Mozart si spegne, povero e colmo di debiti, alle prime ore del mattino del 5 dicembre 1791; nessuno è accanto a lui, nessuno degno di lasciargli un ultimo ed estremo saluto. Un' ultima lacrima in memoria di colui che aveva lasciato un celestiale 'Lacrimosa' a tutti gli uomini.
Soltanto Joseph Haydn, con la grandezza del suo spirito creativo ed elevata sensibilità, ha visto brillare il più grande genio musicale nella misera veste dell’amico diletto, ma in quel triste giorno si trova a Londra Beethoven non vive ancora a Vienna e ha soltanto 20 anni.
Pochissimi curiosi, ma nessun amico e nessun parente, neppure l’amata vedova,  sostano presso il ciglio della fossa comune che avrebbe accolto la salma avvolta in grezza tela di iuta,  quando le ruvide e indifferenti mani del becchino di San Marco, seppelliscono frettolosamente sotto una fitta pioggia, il povero e consunto corpo fra i resti di altri senza nome. Nessuno più si prende cura dell’estrema dimora del defunto compositore. Le sue spoglie mortali vanno irrimediabilmente disperse. Intorno al bianco teschio conservato nel Museo mozartiano di Salisburgo, s’intreccia una romantica leggenda: oggi ci si compiace di venerare come autentica questa reliquia di fronte alla quale ci sentiamo pervadere da un sacro brivido, come dinanzi a una reliquia mistica, religiosa, divina. Perché per noi è proprio ciò che nella materia vi è di anonimo e di indefinibile a imprimere allo spirito l’impulso decisivo che lo farà libero di abbracciare, con un ampio respiro, un’epoca grande, e di riviverla.
Quando muore Haydn, 18 anni dopo, Vienna è occupata dai francesi. Sia i soldati napoleonici, sia i membri della Guardia civica montano la guardia d’onore alla sua tomba. Tutta la città è in lutto per l'avvenuta morte dell'amato e stimato Haydn, e le migliaia di persone che lo piangono, piangono anche Mozart; ora gli sguardi del mondo puntano sull’astro nascente Beethoven che, grande e solitario, non è ancora del tutto consapevole di dover raccogliere una tale eredità musicale.
Secondo una suggestiva leggenda, alla morte di Mozart, fantomatiche schiere di ombre lamentose sarebbero sfilate dinanzi alla sua casa. Eppure, soltanto un anno prima, quando egli si trova a Francoforte per l’incoronazione dell’imperatore Leopoldo II, passa ancora quasi inosservato nell’ombra di un Salieri. I contemporanei lo considerano un pianista di primo ordine, un mediocre compositore, niente di più. Mai, finché la breve vita lo sostiene, diviene popolare e gradito agli amanti della musica. La sua stessa vedova apprende poco per volta, con grande stupore, chi veramente era stato l’uomo che aveva sposato. Ma non riuscì mai a comprendere fino in fondo, neppure in modo approssimativo, l’immensa grandezza di quell’artista prodigioso. La somma di ideali che la sua arte poté offrire con sorridente poliedricità alle svariate tendenze stilistiche di quasi due secoli basterebbe da sola a render vacua qualsiasi altra dimostrazione della sua grandezza.
Nell’opera di Mozart si trovano, riuniti in perfetta armonia, tutti i contrassegni artistici che ogni generazione vorrebbe far propri: logica stringente e bellezza melodica, arditezza di struttura armonica, equilibrio nelle sonorità e nei movimenti, fusione di un contrappunto lineare con la limpida costruzione armonica verticale, da creare melodie sinfoniche a più voci, richiamandosi al suo mai dimenticato J.S.Bach.

Famigla Mozart-acquerello di Charmontelle 1763
 Cenni biografici 

W.A.Mozart, nasce a Salisburgo nel 1756: Suo padre, Johann Georg Leopold (1719-1787) , figlio di un legatore di libri di Augsburg, divenne nel 1763 vicemaestro di cappella alla corte arcivescovile di Salisburgo. Nel 1747 sposa Anna Pertl (1720-1778), dalla quale ha sette figli: cinque di essi morti in tenera età, restano soltanto la quartogenita Maria Anna Walburga Ignatia, soprannominata Nannerl (1751-1829) e il settimo, Wolfgang Amadeus.
Questi, faceto e affidabile come la madre, cresce educato alla musica dal padre, che ne riconosce subito le precoci e incredibili doti. Insieme alla sorellina il piccolo genio è in grado di esibirsi nel gennaio del 1762, a soli cinque anni, a Monaco, alla corte dell’Elettore Massimiliano III; sei mesi dopo i due bimbi suscitano l’ammirazione della nobiltà viennese, dove nel 1763 ricevono in dono per una dimostrazione musicale, gli abiti da cerimonia dei figli dell’imperatrice Maria Teresa. Nel giugno del 1763 si recano in viaggio attraverso la Germania meridionale e occidentale, il Belgio, l’Olanda, la Francia meridionale, la Svizzera, raggiungendo l’Inghilterra e toccando due volte Parigi, dove trovano acclamate accoglienze ed entusiastici elogi. La lunga tournée è organizzata nei minimi dettagli dal padre Leopold, il quale intuisce subito dell’enorme capitale che rappresentano i due figlioletti, tanto da guadagnare una cospicua somma di denaro. I due prodigi, ma soprattutto Amadeus che da saggio di incantevoli improvvisazioni, cantano, suonano il pianoforte, l’organo e  il violino.
Tornato a Salisburgo il giovane Mozart continua gli studi e si reca varie volte a Vienna per tenere dei concerti. Nominato Konzertmaeister a Salisburgo (senza stipendio) compone messe, sinfonie e ‘cassazioni’ (divertimenti da eseguire all’aperto). La cittadina offre molto lavoro ai musicisti, in chiesa, nei salotti di nobili e prelati, e anche in teatro; ma rimane sempre un ambiente grezzo e abbastanza zotico. Nel 1760 il padre Leopold decide di organizzare un viaggio in Italia, sperando di ottenere quelle affermazioni che possono  permettere a Wolfang una vita più sicura  e adatta al suo talento. Toccano Rovereto, Verona , Mantova, Milano, Lodi; a Roma Il giovane Mozart ascolta il Miserere di Gregorio Allegri, trascrivendone a memoria la partitura e il papa gli conferisce un’alta onorificenza;  a Bologna entra a far parte dell’Accademia filamornica,  ricevendo ovunque accoglienze caldissime. A Milano fa rappresentare tre opere, Mitridate re di Ponto, (dicembre 1770), Ascanio in Alba, su libretto del Parini, (ottobre 1771) e Licio Silla l’anno dopo. Dal 1773 al 1777, Mozart vive quasi sempre (tranne una breve parentesi Viennese) nella nativa Salisburgo, compiendo le proprie funzioni di Konzertmaeister a corte, dove muore il vecchio e bonario arcivescovo Schrattenbach, al quale gli succede il dispotico e autoritario Hieronymus von Colloredo, che tuttavia assegna al giovane irruente Wolfgang, regolare stipendio. Il talento puro è innato in Mozart, e a questo comincia a svilupparsi il vero genio creativo: nel solo periodo di questi pochi anni di soggiorno a Salisburgo, scrive di getto senza una minima correzione, sonate e concerti per pianoforte,  per violino, musica sacra, sinfonie, quartetti, danze serenate, divertimenti. Un vero prodigio, un miracolo della natura, un dio della composizione musicale. Nel 1777 il giovane Wolfgang decide di ritentare una tournée fino a Parigi; il padre però non ottiene da Colloredo il permesso di accompagnarlo tanto che Mozart deve dimettersi prima di partire il 23 settembre in compagnia della madre. Passando da Monaco spera vanamente di farsi assumere dall’Elettore, appassionato di musica e suonatore di viola da gamba egli stesso; anche a Mannaheim, grosso centro musicale, non riesce a trovare una sistemazione e per giunta si innamora, non ricambiato, di una cantante, Aloysia Weber, con la quale sogna anche di compiere giri di concerti….fine prima parte…

...a completamento della prima parte, ho scelto come brano musicale, il "Rex Tremendae", per la sua potenza sonora ed evocativa; ad un attento ascolto è possibile immaginare il giorno del giudizio universale, con l'accorata supplica degli uomini pentiti per la loro salvezza: Dio con la sua schiera di angeli che scendono sulla Terra accompagnati da una sinfonia di strumenti che suonano la partitura musicale scritta da Mozart sotto dettatura di Dio stesso, perché cari amici miei, il Requiem di W.A.Mozart, è la più grande opera corale mai scritta, inequagliabile per la sua bellezza formale e compositiva, dove ogni brano dal, "Requiem Aeternam, Kyrie, Dies Irae, Tuba Mirum, Rex tremendae, Recordare, Confutatis, Lacrimosa, Domine Jesu Christe, Hostias, Sanctus, Benedictus, Hosanna, Agnus Dei, Lux Aeternam" sono il divino canto finale rivolto al percorso esistenziale di ogni uomo e, tutta questa bellezza, è stata composta per noi e l'Eternità; i miei versi in rima alternata, non sono che un umile gesto di ringraziamento al sublime genio che in soli trentasei anni di vita ha donato tutto se stesso per ciò che era stato creato, creare musica immortale...



Lassù nella silente arcadia isola d’eterna musica senza pari
Voi giganti a  un tempo uomini saliste umili  coi vostri suoni
Sul nordico vascello d’aria attraversando oceani cieli e mari
Ora beati su quell’arcano olimpo del respiro avete dei Titani

 Amadeus tu di genio principe del canto e regio dei sovrani
Non di Terreno padre fu per te la scelta ma di un solo Dio
 Vero e con occhi chiusi io mi prostro per stringerti le mani
E sempre per orgoglio il trattener il pianto d’un mortale io

Per ogni nota di quel supremo Requiem ch’empie l’universo
Che siano  pianeta o stella il capo china e tacita ogni rumore
E tant’io in lacrime da affogare  le pupille di emozione verso
Già da far sorridere l’udito di un vecchio e già  provato cuore

©Cavalieredelveso

venerdì 17 gennaio 2014

A & S & S

…assenza, solitudine e silenzio, compagnia ideale della notte, quella che intimamente sussurra: in questa volta di cielo vi sono stelle che non abbandonano mai. A volte possono assentarsi dietro un manto di nubi, ma tornano sempre e come sempre per farti capire che non ti hanno ancora lasciato. E se le perdi di vista, sono esse a farsi ritrovare: un uomo può tutto contro di me: così piccolo! Una stella può solo assentarsi o confondersi: così grande!…



 …immerso in un’assenza di silenzio e solitudine guardo attorno a me e sempre le stesse cose mute, inanimate, fredde e inoffensive: una miscellanea d’arte che fa da cornice a un’inquieta stanza, dove scorrono le ore più feconde della notte. Una stanza che sembra sorta da una dimensione aliena, sconosciuta, ma tanto cara al cuore. Torno a riguardare e sempre appaiono le stesse cose inanimate, mute, fredde e inoffensive. Poso lo sguardo ora su uno ora su un altro oggetto, quando a mia volta percepisco d’essere guardato: ogni oggetto nella propria immutabilità senza vita, mi scruta. D’un tratto, vestito d’un sentimento che già respirava l’aria dei miei pensieri, ecco il suono d’una muta voce giungere come incanto al mio udito:

                                 Assenza Silenzio Solitudine
“…ascolta, chiudi gli occhi. Nella silente solitudine d’un’assenza, or non senti le nostre voci risuonar nell’aria? Di noi, non odi un flato a te conosciuto e caro? Guarda me, per esempio: ‘il cavaliere senza cappa e spada’; così sei solito chiamarmi quando riverente chiedi di poter salire sul mio destriero per una cavalcata fuori dal tempo. Compagno di tante stagioni, io, cavaliere senza cappa e spada, che altro mai non chiede se non il riflesso d’un sorriso, sono solo, ma con un’anima. Forse che, sono stato disegnato e dipinto dalle mie stesse mani? E di pari deposto con cura sotto un gelido vetro e imprigionato dentro a una fredda cornice? No! Altri lo hanno fatto per me e loro per te. E di questi porto con me la carezza della loro vita. In questo preciso istante, dove tu sai cogliere il bello dell’attimo che muore, raccogli l’essenza di colui che con amorevole mano ha tracciato le mie sembianze. Di colui che con altrettanto amorevoli mani m’ha imprigionato e, subito comprendi che non sono solo ‘il cavaliere senza cappa e spada‘ , inanimato, muto e inoffensivo, ma qualcosa di più: una piccola parte di mondo. No,compagno di tante stagioni, non sono solo una piccola parte di mondo, sono molto, molto di più. Scrutami con occhi più profondi, acuisci l’udito che abbraccia quest’assenza di frastornante silenzio e solitudine e ascolta: non vedi nella mia dorata cornice un maestoso e orgoglioso albero? Lo stesso che ha visto mille e mille crepuscoli di albe e di tramonti, dai mille colori e sfumature? Non vedi notti, lune e stelle che infinite passarono sopra l’ultimo dei suoi rami? Non lo vedi piegarsi all’incessante forza di mille e mille venti? Non lo vedi bagnarsi delle solitarie piogge e compiacersi dell’eterno Sole? E così per i mille e mille giorni che pazienti segnarono la sua storia? Fin quando un dì, un grido squarciò il cielo e delle innocenti nubi fecero posto a un mesto e doloroso lamento? Il giorno in cui vibranti e ciniche mani gli spezzarono la vita? Fu il giorno in cui non un solo uccello, non intonò una melodia di tristezza. Il giorno in cui la sua anima non fu spezzata, poiché ancora vive nella fredda cornice che mi racchiude. Così per il gelido vetro che mi ricopre, per la fragile carta che mi riveste e per il segno che mi esprime. No! Non sono solo una piccola parte di mondo, sono molto, molto di più: sono un intero mondo. Compagno di tante stagioni, il tuo ‘cavaliere senza cappa e spada’ sa, che non sei solo; sa, che in te, dove culli mille e mille mondi, vive un mondo intero: quello di un’assenza, di un silenzio, di una solitudine...


…silenzio e solitudine, solitudine e silenzio: un reciproco accostamento che può elevare un’anima alla riflessione o abbassarla alla malinconia di un’assenza…

…in un’assenza, non c’è silenzio né solitudine che non abbia un modo suo di parlare, come una carezza di tacere e un bacio di sognare…

…in un’assenza, non tutte le solitudini sono eguali: ognuna porta con sé un messaggio ed esprime in silenzio ciò che un cuore vuol dire o non dire…


ancora un volo
e l’azzurro mantello del cielo
è solo un’ombra che mi segue

sono una tenue macchia
di sillabe che allacciano
assenza solitudine e silenzio

e ancora guardo attraverso le nubi
per cercarla madreperla della terra
per vederla gabbiano alba del mare
e per trovarla crepuscolo della sera

dei deserti novero grani di sabbia
e uno e cento e mille giorni
scendono nella gola del tempo
per colmare il vuoto d’un’assenza

ancora un volo
e l’istante racconta
senza sapere se esisto

senza sapere
che uno cento e mille giorni
scenderanno nella gola del tempo

senza sapere
che non sono che un attimo
un silenzio che mai colmerà
la solitudine della sua assenza

                                                            ©Sergio Dellestelle
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